Ruolo del corpo calloso studiato in nuovi pazienti con cervello diviso
GIOVANNI ROSSI
NOTE
E NOTIZIE - Anno XV – 16 dicembre 2017.
Testi pubblicati sul sito
www.brainmindlife.org della Società Nazionale di Neuroscienze “Brain, Mind
& Life - Italia” (BM&L-Italia). Oltre a notizie o commenti relativi a
fatti ed eventi rilevanti per la Società, la sezione “note e notizie” presenta
settimanalmente lavori neuroscientifici selezionati fra quelli pubblicati o in
corso di pubblicazione sulle maggiori riviste e il cui argomento è oggetto di
studio dei soci componenti lo staff
dei recensori della Commissione
Scientifica della Società.
[Tipologia del testo: RECENSIONE]
Uno studio di straordinario
interesse ed attualità è quello che tende a stabilire i rapporti fra le connessioni strutturali, proprie
dell’anatomia descrittiva cerebrale, e la connettività
funzionale, rivelata dai metodi di studio più recenti che indagano quanto
avviene nell’attualità del funzionamento, durante le più varie condizioni
normali e patologiche. La relazione, che può essere paragonata a quella che
intercorre tra il conoscere i ponti sul fiume che attraversa una città e sapere
quanto traffico li percorre effettivamente nelle varie ore del giorno[1], è importante
per la comprensione della fisiologia cerebrale e delle basi neuroscientifiche
della cognizione, ma è ancora scarsamente conosciuta per il cervello umano.
Una possibilità unica, da
molti punti di vista, per studiare i rapporti fra connessioni anatomiche ed
eventi di connettività è fornita dai pazienti che hanno subito la resezione longitudinale
del corpo calloso, la principale connessione fra i due emisferi cerebrali, per
ragioni terapeutiche. Jarod L. Roland e colleghi
della Washington University in St. Louis riportano la
valutazione della connettività funzionale, prima e dopo l’intervento chirurgico
di separazione degli emisferi cerebrali, seguita da un follow-up per vari anni in una parte del campione.
I risultati forniscono
elementi sul ruolo della struttura del corpo calloso nel mantenimento della
connettività funzionale e propongono un interessante confronto fra callosotomia
parziale e totale.
(Roland J. L., et al., On the
role of the corpus callosum in interhemispheric functional connectivity in
humans. Proceedings of the National
Academy of Sciences USA – Epub ahead of print doi: 10.1073/pnas.1707050114,
2017).
La provenienza
degli autori è la seguente: Department of Neurological Surgery, Neuroscience,
Neurology, Institute of Radiology, Biomedical Engineering, Mechanical Engineering
and Materials Science, Brain Laser Science, Center for Innovation in
Neuroscience and Techology, Washington University in St. Louis, St. Louis,
MO (USA).
Prima di riassumere lo studio qui
recensito, si propone un cenno storico sull’origine degli studi sui pazienti
con “cervello diviso”.
All’inizio degli anni
Cinquanta, Roger Sperry[2] e un
suo studente, Ronald Myers, realizzarono su gatti e scimmie la separazione
degli emisferi e coniarono la denominazione split-brain,
ancora in uso. Negli esperimenti iniziali lo scopo era quello di separare le
vie nervose mediante le quali l’informazione visiva presentata ad un emisfero
si integra con quella dell’altro emisfero. Come nell’uomo, in altri mammiferi,
quali il gatto e la scimmia, tutte le vie della sensibilità e della motricità
sono crociate e, in particolare, le fibre ottiche provenienti dalla retina di
ciascun occhio in massima parte convergono nel chiasma ottico dal quale,
eccettuato un contingente omolaterale, raggiungono l’emisfero del lato opposto.
Dalla retina di ciascun occhio proviene un’immagine completa e distinta, ma le
due immagini sono fuse dal cervello in un’unica visione che, dalla sfasatura
spaziale delle due prospettive ricomposta dalla sovrapposizione, ricava anche
informazioni sulla profondità di campo dell’inquadratura dell’ambiente
effettuata dallo sguardo.
Sperry e Myers volevano scoprire le connessioni responsabili dell’integrazione
che consente la visione unificata del mondo esterno. A questo scopo, recisero
la maggiore struttura di connessione interemisferica, ossia il corpo calloso, poi la commessura anteriore e, infine, il chiasma ottico, in gatti e scimmie. In
tal modo, oltre ad identificare le vie responsabili dell’integrazione, avviarono
un percorso per scoperte molto più importanti sull’organizzazione funzionale
dell’encefalo.
Ad esempio, scoprirono che
l’informazione visiva concettualizzata e memorizzata da un emisfero rimaneva
del tutto ignota all’altra metà del cervello, come dimostrava il seguente
esperimento: un gatto split-brain che
aveva imparato con l’occhio sinistro bendato a spingere un pannello
contrassegnato da un triangolo per ottenere un bocconcino di fegato, quando
aveva l’occhio destro bendato e il sinistro scoperto, non sapeva più cosa fare
per ottenere la ricompensa. L’informazione appresa dall’emisfero destro non
passava all’emisfero sinistro. Gli esperimenti di verifica furono poi
numerosissimi e, in molti casi, aggiunsero informazioni e conoscenza.
Questi risultati accrebbero
l’interesse per la possibilità di verificare analogie e differenze con il
cervello umano fornita dall’intervento neurochirurgico impiegato per la terapia
di casi di epilessia intrattabile farmacologicamente: la separazione degli
emisferi impediva la generalizzazione a tutto il cervello delle onde elettriche
anomale della crisi prevenendo le conseguenze più gravi e talvolta
potenzialmente letali per il paziente. Considerata la particolarità umana della
funzione verbale e del suo controllo da parte dell’emisfero sinistro in oltre
il 90% delle persone, erano state avanzate ipotesi di elaborazione
cognitivo-linguistica localizzata in quell’emisfero, e il dibattito sulla
possibilità che la separazione dei due emisferi potesse rivelare la fondatezza
di questa ipotesi e, anche, verificare la possibilità che la coscienza stessa
fosse una funzione localizzata nell’emisfero sinistro e poi distribuita dalle
connessioni, aveva a lungo appassionato la comunità neuroscientifica.
In realtà, pazienti epilettici
operati di resezione del corpo calloso ve ne erano stati già negli anni
Quaranta. William Van Wagenen, un neurochirurgo di
Rochester, aveva operato 26 persone affette da patologia comiziale grave ed
intrattabile con altri mezzi, incluso l’intervento mirato sul focolaio
epilettico; dopo l’intervento di sezione del corpo calloso, il neurologo Andrew
Akelaitis aveva proceduto ad un esame
neuropsicologico dei pazienti. Il risultato, passato inosservato anche per le vicende
legate alla II Guerra Mondiale, era in effetti stupefacente: le prestazioni dei
pazienti erano normali e, in ogni caso, invariate rispetto all’esame condotto
prima dell’intervento.
In realtà, uno dei motivi per
cui l’intervento di resezione della connessione interemisferica continuava ad
essere indicato era proprio l’esito positivo degli esami condotti da Akelaitis che, in una serie di studi molto dettagliati,
pubblicati tra il 1941 e il 1944 su Archives
of Neurology and Psychiatry
sotto il titolo generale di Studies on Corpus
Callosum, dimostrava l’assenza di alterazioni nelle abilità linguistiche e
cognitive. Un risultato che, alla luce degli studi di Sperry
e Myers sugli animali, sembrava poco plausibile: la resezione di centinaia di
migliaia di assoni della connessione interemisferica umana non poteva essere
senza conseguenze.
Negli anni Sessanta, il gruppo
di Roger Sperry incaricò Michael Gazzaniga di fare
luce, esaminando i documenti di archivio relativi ai pazienti di Van Wagenen e Akelaitis. Gazzaniga
scoprì che la resezione era molto conservativa e perciò sempre incompleta. Su
questa base fu avviato l’esame di pazienti operati in quel periodo da Joseph Bogen con la supervisione di Peter Vogel. Ha inizio così la
ricerca sui pazienti con cervello diviso che ha gettato le basi per le
conoscenze neurocognitive attuali, aggiornando e
mutando profondamente la neuropsicologia[3].
Introdotto lo studio sui
pazienti split-brain, per comprendere
il valore del lavoro di Jarod L. Roland e colleghi
qui recensito, è opportuno un breve riferimento alla connettività funzionale.
La connettività funzionale allo stato
di riposo o resting state functional connectivity è definita in termini di correlazioni temporali tra segnali
fisiologici, che sono generalmente studiati mediante la metodica della
risonanza magnetica funzionale (fMRI, da functional magnetic resonance
imaging). L’esperienza di osservazione ha confermato che gli elementi
principali della connettività funzionale corrispondono alla morfologia della
connettività strutturale, costituita dai fasci mielinizzati
di assoni che formano le sinapsi fra le aree collegate. Naturalmente, tale
relazione non è del tipo uno-a-uno, e la connettività funzionale
interemisferica costituisce un caso esemplare in questo senso.
Più specificamente, vari
gruppi di ricerca hanno riportato la documentazione di una pressoché intatta
connettività funzionale interemisferica in persone affette da agenesia del corpo calloso, ossia prive
della più grande struttura di collegamento del cervello dei mammiferi. Tale
difetto embriogenetico che, a seconda dell’estensione (parziale o totale) e di
altri difetti associati, può determinare o meno la sintomatologia di un
disturbo dello spettro dell’autismo (disturbo pervasivo di sviluppo) e anche determinare
quelle condizioni di limiti cognitivi associati a prestazioni straordinarie
nella memoria e nel calcolo. In proposito, ricordiamo che Kim Peek, l’uomo che ha ispirato il film “Rain
Man” e ha tenuto per anni incontri presso prestigiosi istituti scientifici in
giro per il mondo esibendo la sua memoria straordinaria e le altre sue abilità
cognitive fuori dal comune, aveva un cervello privo del corpo calloso e dei
pilastri del fornice, con difetti strutturali anche nelle due commessure del
cervelletto[4]. Il difetto di
comunicazione tra emisferi aveva in quel caso favorito lo sviluppo di maggiori
connessioni fra aree intraemisferiche, con il
conseguente potenziamento di particolari processi cognitivo-mnemonici. In ogni
caso, la comunicazione interemisferica in Kim Peek,
anche se deficitaria, era in qualche modo surrogata.
Jarod L. Roland e colleghi, per indagare questi problemi, hanno valutato in 22
pazienti affetti da epilessia insensibile ai trattamenti farmacologici la connettività funzionale prima e dopo
l’intervento chirurgico di sezione longitudinale del corpo calloso con
separazione interemisferica.
Il taglio degli assoni di
connessione fra le due metà del cervello riduceva in modo impressionante la
connettività funzionale tra emisfero destro ed emisfero sinistro. Tale effetto
era molto più pronunciato per le aree associative multimodali del lobo frontale
e del lobo parietale, che per le regioni primarie senso-motorie e della
corteccia occipitale, in particolare l’area visiva V1 (area 17 di Brodmann).
Interessante notare che, in una parte del campione per la quale è stato
possibile effettuare per anni dei follow-up
di verifica periodica, non si è evidenziato alcun segno di recupero funzionale
mediante una forma di riparazione o compenso locale.
Il confronto dei casi in cui
la callosotomia praticata era stata totale con quelli in cui era stata parziale
ha rivelato vari effetti, dai quali si deduce l’esistenza di una connettività
funzionale polisinaptica tra regioni cerebrali
estremamente distanti dei due emisferi.
I risultati di questo studio
dimostrano che la connessione anatomica interemisferica del corpo calloso, così
come le connessioni extra-callose, hanno un ruolo di assoluta importanza nel
mantenimento della connettività interemisferica necessaria all’equilibrio
interno della fisiologia cerebrale.
L’autore della nota ringrazia la
dottoressa Isabella Floriani per la correzione della bozza e invita alla lettura delle numerose recensioni di argomento connesso che appaiono nella
sezione “NOTE E NOTIZIE” del sito (utilizzare il motore interno nella pagina
“CERCA”).
La Società Nazionale di Neuroscienze BM&L-Italia, affiliata alla International Society of Neuroscience, è registrata presso l’Agenzia delle Entrate di Firenze, Ufficio Firenze 1, in data 16 gennaio 2003 con codice fiscale 94098840484, come organizzazione scientifica e culturale non-profit.
[1] Un paragone che prendiamo a prestito dal nostro presidente, che propone ai seminari l’accostamento metaforico con i ponti sull’Arno o sul Tevere.
[2] Roger Wolcott Sperry, che nel 1981 fu insignito del Premio Nobel per la Medicina, fu a capo di una scuola di neurobiologia sperimentale che ha lasciato una traccia profonda nelle neuroscienze e nella cultura, rivelando aspetti di fondamentale importanza per la comprensione della fisiologia cerebrale. Da quella scuola viene la definizione di “emisfero dominante” per indicare l’emisfero sinistro che controlla la mano destra ed ha le aree corticali del linguaggio. Successivamente, gli stessi ricercatori indicarono l’emisfero sinistro come “categoriale” e quello destro come “rappresentazionale”. Per un approfondimento si legga: “Roger Sperry e la sua scuola: una preziosa eredità”, nelle “NOTE E NOTIZIE” del maggio 2006.
[3] L’esito di questi studi è stato illustrato numerose volte nei seminari didattici della Società Nazionale di Neuroscienze BM&L-Italia ed è riassunto in Michael S. Gazzaniga, Il Cervello Sociale – Alla scoperta dei circuiti della mente. Giunti Barbera, Firenze 1989. A questo volume si rimanda anche per la bibliografia dei riferimenti presenti nel testo.
[4] Cfr. Note e Notizie 17-09-16 Il fascicolo uncinato di sinistra nel disturbo autistico. Si consiglia questo articolo anche per una sintesi densa ed efficace delle principali acquisizioni negli studi sull’autismo.